mercoledì 11 gennaio 2017

L'occhio del regista #3 - Stanley Kubrick

La terza puntata de "L'occhio del regista" è dedicata a uno dei più grandi cineasti della storia del cinema: Stanley Kubrick.


Regista eclettico, in grado di spaziare con successo tra i generi più disparati, Kubrick è stato in grado di rivoluzionarli tutti, imprimendo il suo marchio indelebile con film che sono entrati a far parte dell'immaginario collettivo.
Per quanto sia riduttivo limitare l'immaginario cinematografico di Kubrick a soli tre elementi, quelli che seguono sono i tratti che, per chi scrive, sono caratteristici della cinematografia kubrickiana.

1. L'osservatore esterno
Kubrick aveva una predilezione per le inquadrature simmetriche, caratteristica che ha influenzato numerosi registi dopo di lui, Wes Anderson su tutti. Tuttavia, la simmetria non è l'unica peculiarità di queste inquadrature: Kubrick usa la cinepresa come un occhio esterno, spesso posizionato al termine di uno spazio limitato (spesso un corridoio) che diviene la cornice della scena quasi come fosse un palcoscenico teatrale, con lo spettatore/osservatore seduto in platea. Questo uso del mezzo filmico porta lo spettatore direttamente nell'azione, aumentando il senso di immedesimazione e, di conseguenza, amplificando le emozioni che Kubrick vuole trasmettere.

Il videomaker Kogonada ha raccolto molti esempi in un video, che potete trovare qui. Di seguito qualche esempio.





2. La musica come contrasto all'immagine
Kubrick fa spesso un uso straniante della musica, utilizzando temi che stonano decisamente con l'atmosfera della scena. Kubrick prestava particolare attenzione alla scelta delle musiche, e aveva una predilezione per temi già esistenti, piuttosto che per colonne sonore originali (come viene ben spiegato su Orizzonti Kubrickiani). La musica viene usata come fondamentale antitesi all'immagine: è dal contrasto tra le due che emerge il messaggio che Kubrick vuole trasmettere con quella scena. Abbiamo quindi una canzone spensierata come Singing in the Rain durante una scena di stupro in Arancia Meccanica, a evidenziare la normalità della violenza nella vita di Alex e dei suoi drughi; il motivo ottimista rispetto al futuro come We'll Meet Again di Vera Lynn durante la carrellata di esplosioni atomiche che chiude Il Dottor Stranamore, a rendere ancora più reale e terribile il pericolo della bomba, capace di spazzare via in un secondo qualunque speranza di futuro. Il film in cui però Kubrick fa più largo uso di questo espediente è Full Metal Jacket, dove una delle prime missioni dei protagonisti viene accompagnata dal ritmo di Surfin Bird, quasi fossero dei liceali in vacanza piuttosto che dei soldati, e dove la scena finale ci presenta un plotone in marcia in mezzo a delle case in fiamme mentre i soldati cantano a squarciagola la canzone di Topolino, ormai assuefatti all'assurdità della guerra, in cui l'importante è "essere vivi".



3. Perfezionismo dell'immagine

La prima passione di Kubrick era la fotografia, e il regista fu anche un fotografo di talento (potete trovare alcune sue fotografie qui e qui). Naturale, quindi, che questa sua passione si traducesse in un'attenzione quasi maniacale al dettaglio e al realismo, come ben illustrato da Ian Freer sul Telegraph.
Ciò ha fatto sì che le sue immagini fossero sempre perfette, quasi vive, con la perfezione formale di un dipinto fiammingo. Proprio i dipinti furono una delle principali fonti di ispirazione per Kubrick, come viene ben spiegato da Stefano Roffi in questo articolo.

2001: Odissea nello Spazio

Lolita

Eyes Wide Shut
 Se questo è vero per tutta la sua cinematografia, è particolarmente vero per quello che è senza dubbio il suo miglior film a livello di fotografia, Barru Lyndon: qui le immagini sono dichiaratamente ispirate a famosi dipinti di fine Settecento, e rese "realistiche" dall'uso visionario e geniale della sola luce naturale.


Prospettiva esterna, musica straniante, perfezionismo pittorico: queste le caratteristiche principali della poetica cinematografica di Kubrick, alfiere di un cinema di osservazione, di analisi cruda e fredda della realtà, in cui le emozioni sono spesso rarefatte e cristallizzate, per poi esplodere in momenti di lucida follia.
Un cinema in cui l'immagine è centrale, principale mezzo attraverso cui il regista comunica la sua visione allo spettatore, spaziando senza problemi dalla fantascienza, all'horror, al film bellico, e alla satira più feroce, in un repertorio di capolavori con pochi eguali nella storia del cinema.

Pier

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